14 Mar UROLITIASI NEL BOVINO DA CARNE
L’urolitiasi del bovino da carne rappresenta la tipica patologia tecnologica ed alimentare che accompagna questo tipo di allevamento.
Al di là di rari eventi secondari come la presenza di eventuali infezioni alle vie urinarie, carenze vitaminiche, scarsità di acqua od ingestione di elevate quantità di ossalati e silicati, tale patologia trova la sua principale causa nelle moderne metodiche di alimentazione, metodiche che vedono l’utilizzo sempre crescente di elevati quantitativi di mangime ricchi in cereali ed accompagnati da ridotti livelli di fibra ( 2-3- kg massimo di silomais e/o paglia con 8-10 kg di mangimi.
Tutto questo conduce ad un elevato apporto alimentare di fosforo e magnesio, ad una riduzione della produzione salivare causata dalla scarsità della fibra introdotta con l’alimento ed ad un conseguente abbassamento del pH ruminale.
Queste sono situazioni in grado di causare la formazione di uroliti nelle pelvi renale e soprattutto a livello vescicale.
Nonostante le cause siano di principale derivazione alimentare, l’aiuto nella prevenzione di tale patologia ( la cura è spesso tardiva e quasi mai efficace per salvare gli animali colpiti ) ci viene offerto sempre dall’alimentazione, riequilibrando in modo appropriato, il rapporto salino della razione ( soprattutto tra calcio e fosforo ), riducendo le fonti di magnesio ed utilizzando sostanze quali il solfato di ammonio in grado di agire direttamente sul processo di formazione dei calcoli assieme a degli antinfiammatori per evitare infezioni dovuto a ristagni di urina nell’apparato urinario.
I calcoli piu’ frequentemente riscontrabili nei vitelloni all’ingrasso sono quelli costituiti principalmente da fosfati di magnesio che vengono comunemente classificati con il termine di struvite (soprattutto da idrogeno fosfato di calcio biidrato e magnesio ammonio fosfato ).
I calcoli possono essere rilevati sia nel bacinetto renale che nella vescica urinaria, anche se quest’ultima localizzazione risulta essere statisticamente piu’ frequente che la prima.
Se infatti il rilevamento di uroliti nella pelvi renale puo’ essere di circa l’1% degli animali sani macellati, la localizzazione vescicale negli stessi animali raggiunge l’11%. Tale patologia coinvolge indistintamente sia i maschi che le femmine allevati con procedure intensive e soprattutto i soggetti castrati in quanto privi di testosterone determinante per lo sviluppo dell’uretra. L’età in cui si verifica la frequenza maggiore di casi è tra i 6 ed i 16 mesi.
A causa della stasi urinaria fanno quindi la loro comparsa i primi sintomi facilmente evidenziabili ad un esame obiettivo dell’animale interessato.
Si parte infatti da un’iniziale difficoltà od impossibilità della minzione, accompagnata da un evidente nervosismo, per arrivare poi a coliche e dolori addominali piu’ o meno evidenti ed anoressia.
Pur non essendo una patologia stagionale, non si puo’ comunque negare che il freddo sia uno dei fattori predisponenti in grado di scatenarla ed è appunto nelle stagioni invernali che tale sindrome fa piu’ facilmente la sua comparsa. Infatti in seguito ad una bassa ingestione di liquidi conseguente alla riduzione del fabbisogno idrico tipico dei mesi invernali ed alla somministrazione di acqua molto fredda, si arriva inevitabilmente ad un ristagno urinario, con infiammazione dei tessuti connettivali e con una maggiore possibilità di concentrazione e cristallizazione dei Sali eliminati con l’urina stessa..
Come già in precedenza accennato, essendo gli uroliti costituiti da struvite, si comprende facilmente come la causa principale di formazione di tale sostanza sia da ricercare nella presenza della razione alimentare di uno squilibrio nel rapporto Ca/P e da un apporto eccessivo di sali di magnesio.
Situazioni ad alto rischio sono infatti costituite da un rapporto Ca/P 1:1 o nel peggiore dei casi da un eccesso alimentare nettamente a favore del P es. 1/2 . Da ricordare che il metabolismo del fosforo prevede poi una massiccia eliminazione attraverso le ghiandole salivari del minerale in eccesso e non utilizzato a scopi biochimici.
Ed è per questo che razioni molto concentrate e povere in fibra grezza ( 9-11%) non stimolando la masticazione degli Animali, rappresentano quindi la causa indiscussa di una produzione salivare ridotta. Come diretta conseguenza il fosforo seguirà quasi esclusivamente la via di escrezione renale rappresentando quindi la causa indiscussa di una produzione salivare ridotta.
E’ stato messo in evidenza infatti che se alla somministrazione di concentrato dell’1% del peso vivo non corrisponde nessun sintomo a livello urinario, l’apparire di un sedimento si ha quando viene raggiunta la dose del 1,5% mentre veri e propri calcoli compaiono dopo 2 mesi di alimentazione praticata con il concentrato somministrato al 2-2,5% del peso vivo.
Come già accennato, oltre al fosforo, anche un eccesso alimentare di magnesio può portare ad un aumento proporzionale dello stesso a livello ematico e come diretta conseguenza a livello urinario, aumentando ulteriormente la concentrazione salina, innalzando il rischio di cristallizzazione dei sali stessi ed apportando ulteriori costituenti indispensabili alla formazione dei calcoli.
Prove sperimentali hanno infatti evidenziato come l’urolitiasi sia estremamente rara quando la razione alimentare contiene livelli di magnesio inferiori a 0,23% sulla sostanza secca ed il fosforo non supera, sempre sulla sostanza secca lo 0,46%.
Considerando poi il fatto che i sali di estruvite sono solubili ad un pH inferiore a 6,8, si puo’ benissimo comprendere come ad un aumento del pH urinario ( causato anche ad esempio da un indiscriminato uso di bicarbonato di sodio per un periodo prolungato di tempo ) possa far seguito la comparsa di numerosi eventi clinici riconducibili a calcolosi delle vie urinarie.
Il bicarbonato di sodio in alte quantità allo scopo di tampone ruminale deve essere apportato per un tempo limitato pena una elevata escrezione a livello renale con l’innalzamento verso l’alto del pH urinario ed il superamento della soglia del pH 6,8, livello al di sopra del quale è favorita la cristallizazione dei sali.
Ai fini di una completa e corretta profilassi oltre all’utilizzo di antinfiammatori in grado di proteggere le pareti vescicali contro eventuali infezioni e sfaldamenti cellulari è possibile utilizzare delle sostanze da addizionare ai mangimi in grado di facilitare l’acidificazione urinaria, impedendo in questo modo la cristallizzazione salina e favorendo la solubilizzazione di eventuali piccoli calcoli in via di formazione.
Tre sono le sostanze ( in ordine puramente alfabetico ) in grado di effettuare questa azione: acido benzoico, cloruro d’ammonio, solfato di ammonio.
Il primo, a livello renale è dissociato in acido ippurico ma è un additivo registrato per suinetti e suini all’ingrasso; il secondo è un additivo registrato solo per cani e gatti; il terzo è un componente notificato dopo il 1 settembre del 2010 sul Feed Material Register on-line della comunità europea e già approvato in via definitiva nell’ultima versione del catalogo delle materie prime del 16 giugno 2011. Essendo un componente, un ingrediente, una materia prima è utilizzabile anche per le vacche da latte ed andrà dichiarata in cartellino alla voce componenti, in ordine decrescente cosi’ come voluto dal Regolamento CEE 767.